In questo articolo si parla di:

È ormai passato un anno da quando l’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) è entrata nelle nostre vite (la prima prova pubblica di ChatGPT risale al 30 novembre 2022), ma i dubbi e i dibattiti non sono ancora un lontano ricordo.

Un tema che, gli scorsi 1 e 2 novembre, è stato al centro dell’AI Safety Summit a Bletchley Park, nel Buckinghamshire (Regno Unito): un grande evento globale che pone particolare focus sulla sicurezza dell’Intelligenza Artificiale. Persino l’Onu ha avviato un Consiglio in merito ai potenziali rischi e pericoli, non solo ai benefici. Perché i timori non sono pochi. Questo è ciò che emerge dal sondaggio di Thoughtworks – global technology consulting: “AI Generativa: cosa chiedono i consumatori?”.

Un’elevata concentrazione di potere nelle aziende che ne facilitano l’accesso (58%), le campagne di disinformazione sui social con contenuti falsi generati automaticamente (53%) e l’impatto sul mercato del lavoro con l’automazione delle competenze (52%) sono tra le principali preoccupazioni del consumer.

Ma con l’approvazione a giugno 2023 dell’AI Act, che non entrerà in vigore però prima di un anno, i clienti saranno maggiormente protetti dagli usi malevoli dell’intelligenza artificiale. Anche se non risolverà i problemi sociali.

“Alle aziende i consumatori chiedono un’adozione responsabile della GenAI, con più trasparenza. Le imprese devono capire che guadagnare la fiducia dei clienti, adottando soluzioni responsabili, non sarà solo un obbligo normativo ma un vantaggio strategico”, dichiara Matteo Vaccari, responsabile della tecnologia di Thoughtworks in Italia.

Cosa ne pensano gli italiani?

Nonostante le innumerevoli perplessità che ruotano attorno al tema, in Italia queste non sembrano essere una grande criticità. Anzi, gli italiani risultano essere piuttosto fiduciosi.

Oltre ad aver conquistato le aziende (uno studio di EY Outlook Pulse, rilasciato a fine ottobre 2023, dichiara che il 64% dei manager sta investendo in questa tecnologia per integrarla ai propri prodotti e servizi) in prima linea nell’adozione dell’AI si trovano anche i consumatori. Ad affermare questa tendenza è anche “AI Generativa: cosa chiedono i consumatori?”, il primo sondaggio globale condotto da Thoughtworks su un campione di dieci paesi (Australia, Brasile, Germania, India, Italia, Paesi Bassi, Singapore, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti) e che ha coinvolto 10.000 persone (1.000 in Italia).

Un’indagine da cui è emerso che 6 italiani su 10 sanno cos’è l’Intelligenza Artificiale (60%), ritenendosi entusiasti (più di un terzo), e solo il 13% di loro si definisce “molto preoccupato”, mentre il 40% “un po’ eccitato e un po’ preoccupato”. Al contrario degli americani (31%) e dei tedeschi (28%), per esempio, che non risultano particolarmente contenti.

Si tratta di dati che fanno capire la proattività che i consumatori del Bel Paese hanno nei confronti dell’acquisto di prodotti e servizi offerti da aziende che usano l’Intelligenza Artificiale (49%), rispetto a Germania e USA. Questo perché il 45% degli italiani si aspetta una migliore customer experience e il 53% pensa che siano maggiormente innovativi e facili da utilizzare, come le traduzioni automatiche.

Non a caso, il campione italiano intervistato (dai 18 anni in su) ha affermato che usa l’AI regolarmente (5%), almeno una volta a settimana (23%) e ogni tanto (26%). È solo il 16%, invece, che si dichiara “meno disponibile all’acquisto” perché teme l’assenza di contatto umano (49%), la violazione della propria privacy (37%) e informazioni scorrette o pregiudizi dei prodotti o servizi (31%).

“Ci troviamo di fronte a un’attesa vigile dei consumatori, che da una parte, al 73%, credono che si debba continuare a innovare con la GenAI, mentre dall’altra, al 94%, esprimono preoccupazioni di tipo etico. Per capire i sentimenti contrastanti che il tema sta suscitando abbiamo posto anche la domanda su quali sono le preoccupazioni maggiori per l’impatto sociale dell’intelligenza artificiale generativa”, afferma Vaccari.

Il consumatore richiede maggiore trasparenza

L’Intelligenza Artificiale è uno strumento utile e interessante ma, come tutte le cose, ha bisogno di una regolamentazione. Un argomento che risulta centrale per il 75% degli intervistati che la ritiene un’azione necessaria “per proteggere le persone”. E il 92% di loro pensa che i governi debbano “imporre regole al business per un uso responsabile dell’AI Generativa”.

È fondamentale, inoltre, informare il pubblico sui potenziali rischi e avere una migliore trasparenza: questo è ciò che vuole sottolineare il nuovo rapporto di Salesforce “State of the Connected Customer”, sottoposto a un campione di 14.300 consumatori e 3.300 responsabili d’acquisto di 25 Paesi. Il 94% ritiene importante sapere quando la comunicazione proviene dall’intelligenza artificiale o un essere umano e 7 consumatori su 10 sono preoccupati che l’utilizzo di questa tecnologia non sia etico. Ma il 55% dichiara che una più ampia informazione rafforzerebbe la fiducia nei confronti dell’AI.

“Le aziende integrano sempre più l’AI nelle proprie attività e i loro clienti sono alle prese con preoccupazioni sull’uso responsabile di questa nuova tecnologia. Ecco perché la comunicazione trasparente diventa centrale: permette di garantire ai consumatori esperienze coerenti, personalizzate e sicure, con un coinvolgimento che va oltre le semplici transazioni di acquisto”, spiega Maurizio Capobianco, area vice-president cloud sales di Salesforce Italia.

Non solo ChatGPT

Tutte queste incertezze, però, non bloccano l’avanzamento dell’Intelligenza Artificiale. Anche perché siamo solo all’inizio. Un esempio è Remini, un’app di GenAI della milanese Bending Spoons che nell’ultimo periodo ha riscosso un importante successo nel panorama internazionale. Scaricata da milioni di persone in tutto il mondo, nel mese di luglio 2023 è stata per dieci giorni davanti a Threads (il colosso Meta lanciato da Zuckemberg come alternativa a X, ex Twitter).

Perché ha fatto così tanto clamore tra il pubblico? Le risposte possono essere molteplici ma probabilmente è grazie alla tecnologia avanzata che contraddistingue la piattaforma dai suoi competitor. Infatti, “Le immagini di Remini sembrano foto della persona in situazioni e luoghi differenti, con varie caratteristiche: la si può far sembrare più giovane, più anziana, oppure la si può adattare alle esigenze di un curriculum o magari di una foto per un profilo di social media”, spiega Luca Ferrari, fondatore e amministratore delegato di Bending Spoons.

Ma l’azienda italiana non è l’unica. Sono infatti diverse le applicazioni di AI che si possono trovare online come Google Bard, ChatSonic, Jasper, Elsa Speaks, Contents e molte altre. Realtà che sono in grado, rispettivamente, di combinare l’ampiezza delle conoscenze a livello globale con la potenza, l’intelligenza e la creatività dei grandi modelli linguistici firmati Google e di fornire informazioni aggiornate e concrete (sempre) con l’aiuto di Google. E ancora, di generare contenuti di alta qualità in tempi brevi, aiutare gli utenti a migliorare le proprie competenze linguistiche e creare contenuti performanti in modo efficiente.

di Sara Fumagallo