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Una controversa immagine di Chris Sharma sul catalogo ss ’19 dell’azienda americana Prana ha accesso l’indignazione della comunità speleologica all’inizio di febbraio. Ma ha portato allo stesso tempo alla luce un importante tematica per la conservazione delle grotte.

Una volta di più troviamo un esempio di come alcuni scelte di marketing delle aziende, se prese al di fuori del contesto della community del target di riferimento (o anche non di riferimento, come in questo caso) possano portare a quello che in gergo qualcuno chiamerebbe un “epic fail”.

A pag. 52 del suddetto catalogo si trovava appunto questa bella immagine che vedeva il notissimo arrampicatore intento a scalare su una grossa struttura carsica di una grotta a Mallorca, in Spagna (luogo teatro tra l’altro di alcuni dei suoi capolavori arrampicatori). Sharma scalava in infradito e a peggiorare la situazione la dida, che quasi banalizzava la situazione, riportando: “Sicuramente Chris Sharma saprebbe trovare nuove vie anche a occhi chiusi. Ma saprebbe farlo al buio di una grotta, per giunta in ciabatte? Spoiler alert: si, può farlo.”

La struttura su cui lui sta scalando è però una stalattite. Queste strutture delle grotte impiegano, come molti sanno (almeno chiunque abbia mai effettuato anche solo una visita guidata a una caverna carsica) centinaia o persino migliaia di anni a svilupparsi, e sono sensibili al contatto con il grasso della pelle delle nostro mani. In altre parole, se toccate, il processo di formazione termina. Forse a non tutti i climber questa cosa è conosciuta. Ma la community di appassionati di speleologia e in generale gli ambientalisti si sono subito ribellati: l’immagine poteva ispirare comportamenti dannosi per questa strutture naturali.

Dopo che il catalogo è stato pubblicato subito sui social le community del mondo sotterraneo si sono scatenate condannando l’azienda.  Hanno condiviso l’immagine sulla pagina del gruppo National Speleological Society e alle varie community di appassionati di outdoor. La vicenda ha sollevato ancora più dibattito anche in virtù del fatto che il brand si è sempre posizionato come portatore di pratiche sostenibili e di rispetto dell’ambiente (usa cotone organico, è certificato bluesign e fair trade… etc). Non a caso il nome in sanscrito significa «vita» e in seconda istanza viene inteso come «respiro» e «spirito», in occidente stato assimilato anche al significato di forza vitale.

La forse maggiore sensibilità degli speleologi rispetto ai climber nei confronti della natura può essere associata al fatto che l’ambiente ipogeo non è soggetto agli elementi come le aree di scalata outdoor: no vento, precipitazioni, cambi di temperature… di conseguenza qualsiasi modifica fisica per mano dell’uomo risulta quasi permanente.

La reazione dell’azienda non si è fatta attendere: poco dopo che l’immagine aveva fatto il giro del mondo il team pr della stessa ha inviato un messaggio a tutti coloro che l’avevano contattata. All’interno di esso il presidente del brand, Russ Hopcus, ha riconosciuto l’errore e chiesto ufficialmente scusa.

“[…] è stato un errore scattare quell’immagine e condividerla sul nostro catalogo, e siamo profondamente dispiaciuti per questo. Stiamo contattando gli speleologi più autorevoli e difensori delle grotte per capire come possiamo fare ammenda del nostro errore e essere parte della futura soluzione. Inoltre condurremo una dettagliata analisi di tuti i nostri processi creativi per assicurarci che non andremo a impattare su luoghi naturali delicati durante i nostri photoshooting o altre attività all’aperto. Contiamo sui nostri clienti perché ci continuino a fornire feedback costruttivi su ciò che ancora non va nei nostri prodotti, servizi o nel modo di presentarci e a condividere la loro profonda conoscenza con noi in modo proattivo per migliorarci.”.

Poco dopo è arrivata la contro-risposta di Geary Schindel, presidente della National Speleological Society, che ha confermato di essere stato contattato personalmente da Hopcus e le due organizzazioni in futuro collaboreranno insieme per la conservazione degli ambienti ipogei. Infine chiedeva alla comunità di moderare l’aggressività del tono dei propri commenti verso l’azienda.